Il dibattito sul riconoscimento della LIS

Il mondo della sordità è contradditorio: c’è chi, giustamente, lotta per i propri diritti, e chi sostiene che quei diritti siano sbagliati; chi dice che le agevolazioni sono troppe, e chi si lamenta perché sono troppo poche; chi si batte per averne di più, e chi fa lo splendido perché si può permettere di rinunciarvi; chi disprezza le leggi esistenti senza neanche conoscerle, e chi cerca di ottenere leggi ancora peggiori; chi si vanta per poche briciole che ha ottenuto, e chi è invidioso, rosica e giudica perché non è riuscito ad ottenere nemmeno quelle; c’è chi scambia diritti per privilegi e viceversa, chi ha i sensi di colpa e chi fa il furbo…Uno degli aspetti in cui questa schizofrenia si manifesta appieno è nel dibattito sulla Lis, che spesso ha connotati ideologici più che concreti. 

Chi si oppone al riconoscimento della Lis intende imporre una sola visione della sordità ed un solo percorso riabilitativo.

Non è caso che, leggendo gli atti parlamentari della famigerata seduta del 3 maggio 2011 che bocciò la proposta di legge C.4207 sul riconoscimento della Lis della passata legislatura, e approfondendo le motivazioni di tale bocciatura, ritroviamo le stesse pregiudiziali ideologiche e scarsamente documentate: “Molte associazioni del settore hanno manifestato la propria contrarietà al provvedimento, sottolineando come oggi sia possibile educare le persone sorde alla comunicazione orale, eventualmente anche con il supporto di apposita strumentazione tecnica (…) il progresso tecnologico rende oggi disponibili strumenti e dispositivi che possono rendere non più indispensabile il ricorso al linguaggio mimico-gestuale da parte dei soggetti non udenti”.

Si tratta di osservazioni che ignorano sistematicamente non solo quanto emerge dalla più recente letteratura scientifica (Vedi la pubblicazione sulla rivista Psicologia Clinica dello Sviluppo “Chi ha paura della Lis” http://www.lissubito.com/wp-content/uploads/2015/10/Volterra-chi-ha-paura-dei-segni.pdf), ma anche la quotidianità delle famiglie bilingui di tutto il mondo, che per i loro figli hanno scelto sia quanto di meglio messo a disposizione dal progresso scientifico e tecnologico (impianto cocleare e/o protesi digitali), sia la lingua dei segni nazionale.

Che non ci sia alcuna incompatibilità tra IC e lingue dei segni è ribadito anche dall’Euro-Ciu (European Association of Cochlear Implant Users): “EURO-CIU stresses that all methods of communication are compatible with cochlear implants – cued speech, sign language and lip-reading.” Traduzione: “EURO-CIU ribadisce che tutti i metodi di comunicazione sono compatibili con l’uso dell’impianto cocleare – cued speech, lingua dei segni e labiolettura (http://eurociu.org/index.php/en/eurociu-position-paper); “Others modes of communication which children, in particular older children, used before the implant process such as cued speech, lip-reading, sign language do not negatively impact on the benefits of cochlear implantation.” Traduzione: “Altri modelli di comunicazione che i bambini, in particolare per I bambini più grandicelli, hanno usato prima dell’impianto cocleare quali cued speech, labiolettura e lingua dei segni non hanno nessun impatto negativo sui benefici dall’impianto cocleare.” (http://eurociu.org/index.php/en/cochlear-implant-position). 
Si tratta, anzi, di strumenti che possono agire in sinergia nei percorsi di riabilitazione logopedica di bambini con sordità gravi e profonde: infatti, mentre l’IC serve a migliorare la percezione uditiva dei bambini con scarso o nullo vantaggio protesico, le lingue dei segni costituiscono un canale di accesso facile e precoce alla comprensione di qualsiasi contenuto comunicativo, concreto o astratto che sia. Purtroppo attualmente in Italia tale sinergia tra strumenti diversi è difficilmente attuabile: se, infatti, gli impianti cocleari sono gratuiti in pressoché tutte le regioni italiane e le protesi digitali sono parzialmente rimborsate, l’apprendimento e lo Studio della Lis è totalmente a carico delle famiglie che scelgono un percorso bilingue, il che ovviamente ne limita non poco la libertà di scelta.

  

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